17/08/16

Confessioni tardive

«Avrei dovuto chiamare, so che ci tenevi.»
«Ci pensi più di me a quella telefonata, solo perché non è avvenuta. A me non interessa, raccontami qualcosa di bello.»
«Sono stata in Costiera, l'amavi così tanto, tutti i tuoi quadri...»
«Ti è piaciuta, vero?»
«Bellissima. Siamo sempre stati più simili di quanto volessimo ammettere.»
«E le sfogliatelle, me le hai portate?»
«Era il weekend di Ferragosto, ho cercato un forno aperto alle 5 del mattino per tutta Napoli, non l'ho trovato.»
«Pazienza, non credo che potrei mangiarle.»
«Scusa, avrei dovuto comprarle il giorno prima. Avrei dovuto fare tante cose, tornare prima, chiamare, salutarti. Sono arrivata troppo tardi.»
«È andata così, vai avanti, fai pace con i rimpianti. Sapevo che eri felice, che vivevi davvero, ed è giusto che fosse così a 20 anni. Ero felice per te. E se proprio vuoi sentirtelo dire, ti perdono, anche se non ho bisogno di perdonarti per aver vissuto la tua vita. Sei sempre stata uno spirito libero, non sarebbe stato giusto costringerti a restare.»
«Grazie.»
«Devo andare, ma torna più spesso. Grazie per i fiori. La prossima volta facciamo due passi, tutti questi morti fanno un gran baccano. Ti ricordi il Cesare? È il mio vicino di tomba, una vera seccatura, proprio come ai vecchi tempi.»
«Non sei cambiato, ti sei sempre lamentato di tutti.»


G.G. (Napoli, agosto 2016)