28/01/15

Carnevale di Madureira

 Accadde durante un comune carnevale nel suburbio carioca. Le mulatte agitavano fianchi e piedi a tempo di samba, gli uomini trangugiavano lattine di birra battendo tamburi a ritmo ubriaco, i bambini calpestavano l’asfalto rovente e tenevano in una mano aquiloni, nell'altra stelle filanti. I carnevali di periferia sono i più felici. Quelle giornate di eccessi e sconsideratezza, con i colori e le maschere a travestire  più il disagio che le persone, lì hanno veramente un senso, perché tutti si meritano, almeno per una settimana, di scordarsi la miseria e diventare re e regine.
       Fu durante uno di quei carnevali, non ricordo in quale anno, che accadde un fatto assai strano. Improvvisamente, nella piazza, l’asfalto cominciò piano piano a sgretolarsi, lasciando spazio a una voragine immensa e dal suolo emerse, in tutta la sua eleganza, una replica perfetta della Tour Eiffel. Si pensò a una chimera, un’allucinazione da caldo, uno scherzo della cachaça o un trucco ben architettato da un qualche carnevalesco fantasioso. Si diffuse nell’aria l’odore inconfondibile delle pâtisserie parigine – inconfondibili per noi spettatori più fortunati, sia chiaro – e la periferia di Rio si riempì di luci raffinate e note di violini barocchi.
       I bambini si accorsero subito che si trattava di magia, non dovettero fare nessuno sforzo per crederci. Le mulatte, invece, aprivano e chiudevano ripetutamente gli occhi, stregate ed entusiaste. Si facevano trasportare dalle fragranze inattese e dal ritmo ternario di valzer mai ascoltati prima. Durante tutto quel martedì grasso furono, per davvero, principesse francesi. E quella notte, fecero l’amore con i loro uomini in modo signorile. Non so se questo piacque agli uomini, ma di certo lo trovarono intrigante.
      Ogni carnevale, però, ha il suo mercoledì delle ceneri. Quando la gente di Madureira si risvegliò al mattino, inebriata dal sogno della notte precedente, ancora stordita da luci, musica e alcol, non c’era più traccia della torre. I profumi e le melodie erano stati bruscamente rimpiazzati dal chiasso e dal puzzo della periferia. La voragine era scomparsa, si era richiusa sul miraggio e aveva riportato la miseria.
       I mercoledì delle ceneri nei suburbi sono di una proverbiale crudeltà. 

G.G. (Misano Adriatico, Rimini, 23 gennaio 2015)
Carnaval de Madureira
Tarsila do Amaral
1924

21/01/15


Carnaval de Madureira
Tarsila do Amaral
1924



Carnaval de Madureira

- Vem, gente, vem gente! O carnaval de Madureira já vai começar!
Os carnavalescos já estavam anunciando a chegada da grande festa, convidando todos a participarem! Tarsila estava em sua casa, observando o agito pela janela. Alguns carros alegóricos já começavam a passar e um deles chamou sua atenção. A Torre Eiffel. A famosa construção francesa que já tinha visto tantas vezes pela televisão. Ficou encantada. Gostaria muito de conhecer Paris, fugir do verão carioca e dessa festa que se repetia todos os anos e era a mesma coisa desde sempre. Gostaria muito de subir na torre e ver a cidade de cima. Deve ser lindo, pensava enquanto mirava a torre de baixo. Mas nunca havia saído do Rio. Havia crescido ali no bairro de Madureira e ali permanecia até hoje, no alto dos seus trinta e sete anos.
- Allah-la-ô, ô ô ô ô ô ô, mas que calor, ô ô ô ô ô ô, atravessamos o deserto do Saara, o sol estava quente, queimou a nossa cara...
Tarsila observava as pessoas cantando e pulando, divertindo-se aos pés da torre e dos outros carros alegóricos, sob o sol escaldante. Gostaria de poder ter a mesma animação, mas não tinha. Não gostava de se sentir queimando no deserto. Nesse momento, o que mais queria era paz e tranquilidade em um local bem fresquinho. Mas outra vez estava tendo que aguentar a festa que passava por sua rua todos os anos. Ah, como queria fugir dali.
- Mamãe eu quero, mamãe eu quero, mamãe eu quero mamar. Dá a chupeta, dá a chupeta, dá a chupeta, dá a chupeta pro bebê não chorar...
Uma lágrima seca escorreu pelo rosto de Tarsila.

Tiago Elídio... 21/1/2015... Rio de Janeiro...

16/01/15

Le voci di Rio



…19, 20, 21. Arrivo!
La voce di Rio sono i bambini che giocano a nascondino nella favela durante le vacanze estive, mentre le signore conversano, urlandosi da una finestra all’altra, tra panni appesi al sole e grovigli di fili della corrente.

-  L’acqua è una delizia oggi.
- Birra! Acqua! Coca-Cola! Mate!

La voce di Rio sono le chiacchiere da spiaggia interrotte dalle grida dei venditori ambulanti. 

- Vai alla Praça São Salvador? Quindi non ti deve piacere il pagode. Dai ti metto un po’ di Jack Johnson, meglio?

La voce di Rio sono i tassisti che attaccano bottone.

Qualcuno canticchia Paulinho da Viola. La voce di Rio è il samba.

Sono le 10 di sabato sera, sto già tornando a casa, scendo dall’autobus un paio di fermate prima. Mi va di camminare, di ascoltare le voci della città.
Sei andata in quel negozio di animali che ti dicevo?
Altro samba, da un bar.
- Com’era quella poesia, la poesia sabotatrice?
- Hey, tia, ce l’hai un real?
Apro le orecchie ai discorsi più disparati. Li sento miei, non vedo le facce ma ricostruisco il volto dal tono di voce e dagli stralci di conversazione. È mia, questa città è mia. Non ci vivo più, ma lei e le sue voci vivono in me.
- Mio Dio, che caldo. Hai sentito che ieri Rio è stata la città più calda del mondo?
- Perché diavolo deve lasciare una sedia davanti alla porta di casa?
- Odio gli scarafaggi. D'estate poi, quando volano, fanno una paura!
Accendo una sigaretta.
- Hey! Ma dai, sei proprio tu! Non sapevo fossi a Rio.
- Eh, sai… (3 settimane in una frase)
- Ti va una birra?
 Le voci di Rio, a volte, mi riconoscono.



G.G. (Rio de Janeiro, 11 gennaio 2015)

09/01/15

- Ela e as manias dela. Ela fecha a casa toda à noite. Tranca porta, janela, tranca tudo. Com esse calor de 40 graus. Aquela escuridão. Deus me livre!
Monique não se conformava com as manias noturnas da mãe. Não conseguia entender por que tanta paranoia. Afinal, as janelas tinham grade. Não havia razão para mantê-las fechadas e trancadas. Sobretudo no escaldante verão carioca. O ventilador de teto não era suficiente para refrescar o quarto, compartilhado por ambas. Todos os anos, durante essa estação, Monique sentia uma depressão profunda. Detestava o calor com todas suas forças. Além disso, com a adolescência, sua irritação veranesca havia se elevado à última potência. Dessa forma, não havia uma noite em que não brigava com a mãe.
- Não aguento mais. Me sinto muito sufocada. Jesus! Minha vontade é de abrir a janela e gritar bem alto.
Para tentar contornar a situação, Monique muitas vezes ia dormir na casa da amiga, pois lá havia ar condicionado. Aproveitava também para se lamentar do comportamento neurótico da mãe. E sempre se indagava o motivo que levou sua progenitora a ter esse comportamento estranho. Não conseguia entender por que ela precisava manter tudo sempre fechado e trancado com a máxima segurança. Evidentemente a cidade não era das mais seguras, mas pelo que se lembra de sua ainda curta vida, nunca havia tido nenhum problema relativo a isso em sua casa. E sempre que perguntava à sua mãe por que ela agia assim, esta desconversava e falava apenas que era melhor assim e ponto.
- Tem que ter uma paciência do cão. Onde já se viu... Eu nem consigo dormir direito. De manhã, a roupa de cama tá toda molhada. É nojento. Não vejo a hora de poder sair de casa.
Nos dias em que não tinha o ar-condicionado amigo à disposição, Monique esperava a mãe adormecer e, assim que ouvia os primeiros roncos leves, corria para a sala, abria a janela e dormia no sofá. Mas em uma dessas noites em que havia escapulido, sua mãe a surpreendeu, assustando-a ao fechar a janela com toda sua força, fazendo um grande estrondo. Mesmo tendo sido repreendida, Monique ainda fazia suas artimanhas e fugia para a sala. Programava o celular para despertar de manhãzinha, para assim retornar ao quarto antes da mãe acordar, e rezava para que esta tivesse um sono profundo e não a perturbasse.
- Isso não é vida! Pela amor de Deus. Esse calor de 40 graus. Ela vai e fecha a casa toda. Tranca porta, janela, tranca tudo. Ela e as manias dela.

Tiago Elídio... Rio de Janeiro... 9/1/2015...

06/01/15

Epifania





Aveva visto
Lenzuola rosa
E tazze bianche
Quasi kitsch
Costate poco
«No, non metterci lo zucchero»

Aveva riconosciuto l’odore
Di una sigaretta accesa
Infilarsi sotto le coperte.
(Dio, quanto fumi)
«Non riesco a dormire…
Apri la finestra»                                                                                                                                                                                 Illustrazione di "Eveline" di James Joyce
Aveva ascoltato                                                      
Dita suonare una chitarra.
«La conosco, è quella del film,
Risuonala»

Era un ricordo
Forse no.
Non distingueva più
La memoria
Dall’illusione.
(Tutto si era fuso)

Aveva sentito
Un forte orgasmo
E il calore di guance
che arrossiscono:
«Sei bella»
- Vedi che possiamo essere felici?
«Ti amo»
(No, questo non l’aveva detto)

Aveva provato
Un liquore dolce,
Il più buono
Che le avesse mai portato.
Sorriso
E…
(Sipario)

Aveva immaginato
Il risveglio
Di tutti i sensi
Osservando l’incerto
Sull’altra piattaforma,
Prima che apparisse
Il treno

Ma era difficile
Che una persona mai vista
Raccogliesse tutti i cocci
E li portasse a lei.
«Eccoli, li ho rimessi insieme»

Era troppo pensare
Che tutte le sue proiezioni
Potessero rincarnarsi
In un corpo nuovo,
Come se nella valigia
Il ragazzo portasse
Tutte le cose semplici
Che lei voleva
E rivoleva.

Era davvero troppo credere
Che uno sconosciuto
Potesse strapparla
Dalla paralisi dei sensi.

Perché nessuno ci può salvare
Quando siamo noi i primi
A dimenticarci di noi stessi.



G.G. (Rio de Janeiro, 6 settembre 2013, ma anche ieri)

05/01/15

feliz engodo novo...















na praia de Copacabana, mais de dois milhões de pessoa aguardam ansiosas a queima de fogos que celebra a chegada do ano novo... um grande cardume humano esperançoso de que a vida de cada um vai melhorar com a chegada deste novo tempo... todos repletos de promessas, esperando cumpri-las assim que esse novo ano se iniciar... porém, quem realmente quer uma mudança não espera um dia fictício de um calendário arbitrário criado há mais de dois mil anos... executa-as ansiosamente em qualquer dia do ano, sem esperar um segundo sequer... mas muitas estão apenas atrás de um engodo, algo que as arraste para frente... uma esperança, uma ilusão... algo que as faça nadar em busca de algo... algo que possa saciar seus desejos... muitas vezes essa isca nunca é alcançada, e muitos desses peixes esperançosos acabam morrendo ali na praia mesmo... outras vezes, a isca serve para que se continue a viver e sonhar em chegar aonde se espera... mesmo que alcançar o engodo signifique o fim da linha... no entanto, alcançou-se o que se esperava... se não isso, serviu para se continuasse a nadar nesse vasto mar, em meio a inúmeras correntes fortes que desestabilizam... mas, para alcançar esse engodo, há um longo caminho a seguir, com surpresas boas e ruins... o importante é saber nadar com foco, sem se perder nessa vastidão...

Tiago Elídio... Rio de Janeiro... 5/1/2015...

Foto: Tiago Elídio... Réveillon de Copacabana... 1/1/2o14...