- …19, 20, 21. Arrivo!
La voce di Rio sono i bambini che giocano a
nascondino nella favela durante le vacanze estive, mentre le signore conversano, urlandosi da una finestra
all’altra, tra panni appesi al sole e grovigli di fili della corrente.
- L’acqua è una delizia oggi.
- Birra! Acqua! Coca-Cola! Mate!
La voce di Rio sono le chiacchiere da spiaggia interrotte
dalle grida dei venditori ambulanti.
- Vai alla Praça São Salvador? Quindi non ti deve piacere il pagode. Dai ti metto un po’ di Jack Johnson, meglio?
La voce di Rio sono i tassisti che attaccano bottone.
Qualcuno canticchia Paulinho da Viola. La voce di Rio è il samba.
Sono le 10 di sabato sera, sto già tornando a casa, scendo
dall’autobus un paio di fermate prima. Mi va di camminare, di ascoltare le voci
della città.
- Sei andata in quel negozio di animali che ti dicevo?
Altro samba, da un bar.
- Com’era quella poesia, la poesia sabotatrice?
- Hey, tia, ce l’hai un real?
Apro le orecchie ai discorsi più disparati. Li sento miei, non
vedo le facce ma ricostruisco il volto dal tono di voce e dagli stralci di conversazione. È mia, questa città è mia. Non ci vivo più, ma lei e le sue voci vivono in me.
- Mio Dio, che caldo. Hai sentito che ieri Rio è stata la città più calda del mondo?
- Perché diavolo deve lasciare una sedia davanti alla porta di casa?
- Odio gli scarafaggi. D'estate poi, quando volano, fanno una paura!
Accendo una sigaretta.
- Hey! Ma dai, sei proprio tu! Non sapevo fossi a Rio.
- Eh, sai… (3 settimane in una frase)
- Ti va una birra?
Le voci di Rio, a volte, mi riconoscono.
G.G. (Rio de Janeiro, 11 gennaio 2015)
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