03/02/15

Homme au Bain
















 Homme au bain
Gustave Caillebotte
1884



 Sollevò un piede e lo immerse nell’acqua calda. Sollevò l’altro piede, reggendosi al bordo della vasca, e lo immerse. Si sedette, sentì il tepore avvolgergli prima le cosce, poi il ventre, il petto, il collo e la nuca. Rimase così, sdraiato nella vasca, a pensare. L’acqua calda gli rilassava i muscoli, ma quanto a migliorare il suo umore, cazzate. Rimanere immobile lo faceva pensare ancora di più. Essere lasciati da chi si ama è come un lutto, pensava. E come tutti i lutti ha bisogno del suo tempo per essere accettato.

        Giulia se n’era andata. Non era in quella vasca con lui, non era in studio a disegnare, non stava canticchiando in cucina. Non c’era più e non ci sarebbe più stata. Questa volta sapeva che era definitiva. Il fatto che lei continuasse a vivere nel suo stesso mondo, sulla Terra, lo faceva sentire meglio? No. Quindi tanto valeva considerarla morta. Tanto valeva continuare con la teoria del lutto.

        Immerse il viso e rimase per qualche secondo sott’acqua, sentendo le bolle d’aria fuggire verso la superficie. Pensò che sarebbe stato bello rimanere là sotto per qualche settimana, con uno strato d’acqua tra lui e la realtà. Non per affogare, ma almeno poter restare immerso per tutto il tempo necessario. Poter uscire dalla vasca una volta purificato dall’oblio, asciugarsi e cominciare davvero una vita nuova.


G.G. (Milano, 28 gennaio 2015)

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