Homme au bain
Gustave Caillebotte
1884
Sollevò un piede e lo immerse nell’acqua calda. Sollevò l’altro piede, reggendosi al bordo della vasca, e lo immerse. Si sedette, sentì il tepore avvolgergli prima le cosce, poi il ventre, il petto, il collo e la nuca. Rimase così, sdraiato nella vasca, a pensare. L’acqua calda gli rilassava i muscoli, ma quanto a migliorare il suo umore, cazzate. Rimanere immobile lo faceva pensare ancora di più. Essere lasciati da chi si ama è come un lutto, pensava. E come tutti i lutti ha bisogno del suo tempo per essere accettato.
Giulia se n’era andata. Non era in quella vasca con lui, non
era in studio a disegnare, non stava canticchiando in cucina. Non c’era più e
non ci sarebbe più stata. Questa volta sapeva che era definitiva. Il fatto che
lei continuasse a vivere nel suo stesso mondo, sulla Terra, lo faceva sentire
meglio? No. Quindi tanto valeva considerarla morta. Tanto valeva continuare con
la teoria del lutto.
Immerse il viso e rimase per qualche secondo sott’acqua, sentendo
le bolle d’aria fuggire verso la superficie. Pensò che sarebbe stato bello rimanere
là sotto per qualche settimana, con uno strato d’acqua tra lui e la realtà. Non
per affogare, ma almeno poter restare immerso per tutto il tempo necessario. Poter
uscire dalla vasca una volta purificato dall’oblio, asciugarsi e cominciare
davvero una vita nuova.
G.G. (Milano, 28 gennaio 2015)
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