19/02/15

Routine di Copacabana



Tornò a casa alle 7 del mattino, non era una novità. Si tolse la parrucca, le scarpe col tacco e si diresse verso il bagno a struccarsi. La serata era andata bene, al Fasano andava sempre bene. Notò che anche Alice, la coinquilina, era sveglia, vedeva la luce filtrare da sotto la porta. Condividevano uno squallido appartamento di Copacabana, minuscolo e sudicio, ma che per loro era diventata una tana in cui essere se stesse. La padrona di casa era una vecchia avida e incarognita con il mondo, al cui confronto Alëna Ivanovna era una santa donna. Questo si potevano permettere e, in fin dei conti, non si stava così male, a due passi dalla spiaggia, quasi dirimpettaie della statua di Drummond de Andrade al posto 6.
         Aveva ancora indosso il vestito con le paillette rosse, uno dei suoi preferiti. Se lo sfilò e scivolò in doccia, sperando di lavarsi dalla pelle anche l’odore dei clienti della nottata. Un giorno torno a Bahia e la smetto con questa vita, si illudeva. Voleva bene ad Alice, avevano due stili di vita molto diversi, ma c’era qualcosa che le accomunava.
       Lei faceva l’amore per soldi, Alice per ambizione, entrambi motivi poco nobili. Alice era una cantante e l’ultima fiamma che era passata tra le sue lenzuola era un produttore a cui cercava di strappare un contratto discografico. Non gliene fregava niente di lui, fingeva spudoratamente di amarlo davanti a tutti, entrava in scena ogni volta che la portava fuori "con gli amici che contano". Era brutto come la morte e probabilmente più vecchio di suo padre. Anche lei doveva farsi la doccia sfregandosi di dosso l'odore di lui a colpi di spugna.
       Eppure non era questo che le rendeva simili. Era la solitudine. Non erano sole al mondo, avevano le famiglie, seppur lontane per entrambe, qualche amico fidato che a modo suo le amava e circondava, qualche cliente aficionado per Lúcia e gli amanti passeggeri di Alice. Ma non avevano nessuno da amare. Ed è questo che ti fa sentire più solo, in un mondo di amori di cartapesta: non il non essere amato, ma il non amare. Sentivano un bisogno disperato di amare, dell'amore nella sua forma attiva, e non passiva, l'unica arma per sconfiggere la solitudine. Perché l'essere amati, da solo, a volte non basta.


G.G. (Viareggio, Toscana, 15 febbraio 2015)

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