04/05/15

Discorso al Funerale di M.



Non sono sicuro che la Morte colga tutti di sorpresa, non credo abbia colto M. impreparato. Anzi, credo che M. l’abbia aspettata e le abbia anche sorriso quando l’ha vista arrivare. Lo conoscevo bene, io ero il figlio che aveva scelto, lui la guida che mi ha accompagnato per vent'anni. E so per certo che ha aspettato la Signora con quel suo sorriso buono, nascosto dietro a un barbone bianco da nonno mai stato padre. 

Un uomo che ha vissuto tutta la vita in equilibrio su un filo, senza farsi mettere i piedi in testa da nessuno; che ha aiutato tutti e vedeva il bene in tutti; che ha riso in faccia al sistema, e quando il sistema ha cercato di fargliela pagare, ne ha riso di nuovo e ancora più forte. Non è retorica, M. era davvero una perla rara. Nelle nostre vene non scorreva lo stesso sangue, ma la mia anima ne ha assorbito gli insegnamenti come una spugna, come si fa con i padri. Molto di lui sopravvive in me e continuerà a vivere nei miei figli.

Un uomo così, che come un attore ha recitato la commedia della vita in modo splendido, sa quando il sipario si richiuderà sul palco. Un uomo così non si fa sorprendere dalla fine. La osserva arrivare e le sorride. «Vieni, vieni,» le dice, «ché son stanco, stanco morto». Lo immagino così, che si incammina a braccetto con la Morte mentre le racconta della sua vita libera, una di quelle vite che tutti vorremmo e dovremmo vivere.

E anche la Morte si fa una risata, pensando che – mannaggia – è proprio un peccato consegnare un uomo così all’aldilà.

G.G. (Luino, 3 maggio 2015)

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