29/09/15

Amore paterno



L’uomo si era travestito da coniglio rosa, reggeva un pugnale, e si dirigeva ansimante verso l’ultima casa del residence, l’unica casa abitata, quella di Valentina, la sua ex. «Esci da lì, puttana!». La ragazza aprì la finestra, si affacciò per dirgli che stavolta avrebbe chiamato la polizia. Lui corse verso le scale, lei chiuse la finestra e si barricò in casa. Arrivato davanti alla porta, l’uomo cominciò a batterla con tutta la sua violenza, la prese a calci, e finalmente riuscì a sfondarla. La ragazza, spaventata a morte, lo guardò e lo sfidò con la sua dolcezza, lo sguardo di chi amava ancora, supplicandolo in lacrime di lasciare in pace lei e la bambina. E dicendolo si accarezzava la pancia gravida.
L’uomo parve calmarsi, per un attimo si dimenticò dell'arma, appoggiò una mano sul ventre di lei e sorrise. «Ho messo il vestito della festa dove ci siamo conosciuti, ti ricordi?». Non le diede il tempo di rispondere. Nei suoi occhi tornò a guizzare quel lampo di follia che ormai lo accompagnava sempre, la guardò con odio e lei sentì il terrore invaderle il corpo. Urlò, ma nessuno sentì il grido, viveva in un residence circondato dal bosco, da sola, le altre case erano abitate da villeggianti che d’inverno restavano in città. Corse per prendere il cellulare e chiamare la polizia, ma non fece in tempo. L’uomo le afferrò immediatamente il polso. La ragazza cercò di dimenarsi, invano. Lui sollevò il pugnale sopra di lei e…

8 mesi dopo
«Entrate, cari ospiti, venite.»
Giovanni si era ripreso. La terapia stava facendo effetto, prendeva degli psicofarmaci fortissimi, lo stordivano, ma almeno poteva vivere una vita pacifica. Valentina dopo quella notte era scappata, scomparsa, nessuno ne aveva più saputo nulla. I genitori avevano perlustrato la casa in cerca di indizi, avevano notato la porta nuova, un bigliettino sul tavolo diceva che andava tutto bene e che sarebbe tornata prima o poi, come sempre. Nient'altro. Probabilmente era tornata a vivere negli Stati Uniti e aveva fatto nascere lì la bambina.
Giovanni aveva invitato degli amici per cena. Li fece accomodare e servì loro dell’ottimo champagne mentre finiva di preparare le pietanze. Quando rientrò nella sala da pranzo vide che una delle invitate osservava incuriosita un soprammobile. Un barattolo, con all'interno un esserino immerso in un liquido.
«È un feto,» disse lui, «sono incredibili, vero? Così minuscoli e già così perfetti. Amo quell’esserino, come se fosse nato...»

G.G. e S.R. (Luino, 16 settembre 2015)

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