Valeria
scese dal treno alla stazione Termini. L’ultima volta che era scesa lì
stringeva in una mano la valigia, nell’altra il braccio di Michele. Lei e
Michele si amavano, tanto, ma litigavano come due gatti che si
contendono il territorio. Loro si contendevano lo spazio per i rispettivi ego. Era
stato qualche mese prima, durante una calda estate romana, i turisti brulicavano
nella stazione. Ora, in quel febbraio triste, a farle compagnia mentre fumava e
aspettava Elisa c’era soltanto un matto che parlava da solo e le gironzolava attorno
come il fumo della sua sigaretta. Valeria spense il
mozzicone nel posacenere, Un’attenzione inutile, in una stazione sudicia
come Termini, pensò. Michele buttava sempre i mozziconi nei cestini, non
l’aveva mai visto gettarne uno a terra.
Erano passati sei anni dall'ultima volta che Valeria
e Elisa si erano viste. Si abbracciarono, salirono in macchina
e si accorsero che avevano due storie simili da raccontare. Si sedettero in una taverna nel cuore del Pigneto, ordinarono vino e piatti tipici laziali. Il quartiere non era
cambiato, con i suoi artistoidi radical chic e i localini a far da ponte fra tradizione e duemila.
«Dài,
comincia tu,» disse Elisa.
Così
Valeria gettò il suo cuore nel
piatto insieme ai bucatini. Le storie d’amore sono tutte uguali, un ciclo che
si ripete da millenni. Proiezioni, innamoramento, dipendenza, crisi, fine,
strazio, rabbia, indifferenza. Questo dovrebbe farci riflettere sulla natura
psicologica di un impulso che solo gli esseri umani seguono senza comprendere. Valeria avrebbe tanto voluto essere
razionale come Elisa, avrebbe voluto non farsi uccidere dalla sensibilità. Elisa soffriva, ma aveva una visione più lucida
della faccenda, vedeva la sua storia con Christian morta e sepolta,
un amore impossibile che proprio per essere tale era destinato a diventare eterno. Non funzionava, punto. Si era arresa. Valeria no, non
credeva a questo fatto del non funzionare, Valeria credeva nei momenti
sbagliati.
«Devi
fare un funerale, seppellirlo anche tu. Domani andiamo a Napoli, ti
piaceva così tanto una volta. Facciamo un bel funerale e poi ci
ingozziamo di sfogliatelle in quella pasticceria vicino alla stazione, te la
ricordi? Ora bevici su.»
Bevici su, anche
questo fa parte del rituale. Siamo così prevedibili.
G.G. (Berlino, 15 marzo 2015)
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