16/03/15

Incontro



Valeria scese dal treno alla stazione Termini. L’ultima volta che era scesa lì stringeva in una mano la valigia, nell’altra il braccio di Michele. Lei e Michele si amavano, tanto, ma litigavano come due gatti che si contendono il territorio. Loro si contendevano lo spazio per i rispettivi ego. Era stato qualche mese prima, durante una calda estate romana, i turisti brulicavano nella stazione. Ora, in quel febbraio triste, a farle compagnia mentre fumava e aspettava Elisa c’era soltanto un matto che parlava da solo e le gironzolava attorno come il fumo della sua sigaretta. Valeria spense il mozzicone nel posacenere, Un’attenzione inutile, in una stazione sudicia come Termini, pensò. Michele buttava sempre i mozziconi nei cestini, non l’aveva mai visto gettarne uno a terra.
               Erano passati sei anni dall'ultima volta che Valeria e Elisa si erano viste. Si abbracciarono, salirono in macchina e si accorsero che avevano due storie simili da raccontare. Si sedettero in una taverna nel cuore del Pigneto, ordinarono vino e piatti tipici laziali. Il quartiere non era cambiato, con i suoi artistoidi radical chic e i localini a far da ponte fra tradizione e duemila.
                «Dài, comincia tu,» disse Elisa.
               Così Valeria gettò il suo cuore nel piatto insieme ai bucatini. Le storie d’amore sono tutte uguali, un ciclo che si ripete da millenni. Proiezioni, innamoramento, dipendenza, crisi, fine, strazio, rabbia, indifferenza. Questo dovrebbe farci riflettere sulla natura psicologica di un impulso che solo gli esseri umani seguono senza comprendere. Valeria avrebbe tanto voluto essere razionale come Elisa, avrebbe voluto non farsi uccidere dalla sensibilità. Elisa soffriva, ma aveva una visione più lucida della faccenda, vedeva la sua storia con Christian morta e sepolta, un amore impossibile che proprio per essere tale era destinato a diventare eterno. Non funzionava, punto. Si era arresa. Valeria no, non credeva a questo fatto del non funzionare, Valeria credeva nei momenti sbagliati.
                «Devi fare un funerale, seppellirlo anche tu. Domani andiamo a Napoli, ti piaceva così tanto una volta. Facciamo un bel funerale e poi ci ingozziamo di sfogliatelle in quella pasticceria vicino alla stazione, te la ricordi? Ora bevici su.»
Bevici su, anche questo fa parte del rituale. Siamo così prevedibili.


G.G. (Berlino, 15 marzo 2015)

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